Relazionali: l’assistente alla comunicazione deve possedere la capacità di sapersi porre in relazione con gli altri, bambini ed adulti, ed in particolare ai loro bisogni, alle loro richieste e specifiche modalità individuali, sapersi relazionare al livello comunicativo del bambino, sia rispetto alla sua fascia d’età sia ai campi evolutivi che alle reali capacità; aiutare e stimolare il bambino ad interagire all’interno dell’ambiente con i suoi coetanei e con i docenti, cercando di mediare le informazioni tra il bambino e gli altri senza filtrarle.
La capacità relazionale non è una competenza naturale, ma si sviluppa e matura nella crescita personale, richiede lo sviluppo di una capacità empatica, che si sviluppa solo attraverso processi di autoconsapevolezza individuali, culturali ed emotivi. Nella relazione col bambino sordo, la relazione empatica è necessaria per sostenerlo nella sua crescita, nello sviluppo della sua personalità, nella sua globalità corporea, intellettuale, relazionale e psico-affettiva.
La competenza relazionale implica anche la capacità di mettersi in discussione, implica la consapevolezza delle possibili dinamiche di gruppo, la loro accettazione e gestione. Richiede anche consapevolezza e gestione delle dinamiche emotive, fattori importanti per stabilire una relazione positiva con l’altro, evitando una ricaduta dei conflitti stessi e delle tensioni interne sullo stato di benessere del bambino sordo e dei suoi coetanei.
Pedagogiche: operando in un contesto scolastico, l’assistente alla comunicazione funge anche da supporto all’apprendimento, e pertanto deve possedere conoscenze pedagogiche e didattiche, deve avere conoscenze sulla sperimentazione didattica per poter utilizzare quella che si adatta meglio alla fruizione dei contenuti per il bambino sordo, con l’utilizzo di strategie specifiche, sempre nel rispetto della scelta operata dalla famiglia.
Tra i suoi compiti, l’assistente alla comunicazione può costruire da sé il materiale didattico oppure preparare verifiche alternative sia per i compiti scritti sia per le interrogazioni orali, affinché il bambino sordo non si senta penalizzato durante le verifiche a causa delle difficoltà che ha con la lingua italiana. Aiutare l’alunno sordo a trascrivere le sue idee in lingua italiana è la sfida più avvincente che compie l’assistente alla comunicazione, perciò si adopererà a cercare sin da subito percorsi metodologici, strumenti didattici, tecnologici, di correzione che gli permetteranno di affrontare la sfida al meglio e di raggiungere risultati ottimali.
È necessario anche affrontare il libro di testo, facilitandone la comprensione anche attraverso tecniche di ristrutturazione del testo, come ad esempio sciogliendo le frasi subordinate, associando la lettura a schemi e mappe concettuali. Precedentemente, gli insegnanti hanno cercato di semplificare la questione della comprensione dei testi attraverso dei riassunti. Questo sistema non ha stimolato i ragazzi alla comprensione e alla produzione della scrittura, perché con i riassunti si semplificano tutte le parti del discorso, si eliminano parole nuove, difficili da spiegare, omettendo così il loro apprendimento.
Linguistica: all’assistente alla comunicazione è richiesta prima di tutto una eccellente conoscenza della Lingua dei Segni Italiana in quanto deve essere capace non solo di mettere la voce nei segni, ma deve anche tradurre i segni in voce. Infatti mettere in voce un segnante adulto è un fatto squisitamente tecnico e linguistico, ma mettere in voce la risposta di un alunno sordo, che magari non ha chiaro nemmeno lui esattamente l’idea della risposta che vuol dare, è un’operazione abbastanza difficile.
L’assistente alla comunicazione è un modello linguistico in quanto cerca di rendere accessibile la lingua vocale e scritta, sfruttando il canale integro del bambino, attraverso strategie e modalità visive, come ad esempio l’articolazione labiale e la dattilologia. Utilizzerà anche la Lingua dei Segni, nel caso di un soggetto bilingue (utilizza sia la lingua Italiana sia la LIS), per trasmettere tutte le informazioni presenti sia nella lingua orale sia nella lingua scritta, tenendo conto del livello di competenza e comprensione segnica del bambino.
L’assistente alla comunicazione è tenuto a seguire le indicazioni della famiglia, soprattutto in base al modello linguistico da usare, in special modo quando la famiglia non accetta il modello comunicativo segnico, in questi casi, l’assistente dovrà usare l’iter educativo dettato dall’oralismo, ossia ripetere vocalmente e lentamente tutte le informazioni che veicolano nel contesto classe.
Professionali: tra le competenze professionali dell’assistente alla comunicazione rientrano le conoscenze specifiche sulla sordità. Con ciò si vuole sottolineare che l’operatore deve possedere conoscenze non solo sulla sordità, dal punto di vista clinico, ma anche dal punto di vista culturale, deve conoscere le diversità, tra l’essere figlio di genitori udenti o l’essere figlio di genitori sordi, il modo in cui può reagire una famiglia, il tipo di supporto da offrire, informare delle principali leggi in materia con la quale le famiglie possono muoversi ed avanzare proposte; fornire le informazioni giuste per migliorare la vita dei bambini sia sul versante familiare sia sul versante scolastico. L’assistente alla comunicazione può sensibilizzare la famiglia e gli insegnanti verso l’utilizzo delle tecnologie esistenti per abbattere le barriere, ad esempio l’uso dei sottotitoli durante la visione di un film, di un telegiornale, di un documentario. La tecnologia multimediale non può che agevolare nel duro lavoro d’insegnare la lingua italiana, ad esempio, attraverso l’utilizzo del computer il bambino riceverà ottimi stimoli verso la lettura e la comprensione della lingua scritta.