È pensiero comune pensare che l’assistente alla comunicazione serva solo ai bambini- ragazzi – adolescenti sordi che segnano, cioè che usano la Lingua dei Segni Italiana (LIS).
In realtà l’assistente alla comunicazione è un supporto utile ed educativo anche per i discenti che non conoscono la Lingua dei Segni Italiana. In questo caso l’assistente non tradurrà i dialoghi scolastici in LIS ma li ripeterà verbalmente in maniera simultanea o successivamente in un secondo momento.
In questi casi consiglierei di usufruire dell’assistente alla comunicazione anche a domicilio in modo che possa ripetere ciò che è avvenuto in classe o anticipare la lezione qualora si abbia una buona collaborazione con i docenti.
Genitori, medici e logopediste non temete l’assistente alla comunicazione, essa non va ad insegnare la LIS ai vostri figli, ma gli permette di comunicare con i suoi compagni e i suoi docenti.
Nella situazione dei sordastri, spesso l’equipe sconsiglia sia la presenza dell’insegnante di sostegno sia quella dell’assistente alla comunicazione.
In genere, l’equipe è formata da medici che si occupano della sordità dal punto di vista clinico e non dal punto di vista educativo.
Dal punto di vista educativo e di persona sordastra vi consiglio l’utilizzo della figura professionale dell’assistente della comunicazione.
Ogni giorno il bambino assiste a 5 ore (minimo) di dialoghi verbali, pensate che il bambino sordastro senta tutto tutto al cento per cento???
Assolutamente no, per non parlare di quanti dialoghi dei nostri compagni ci sfuggono in quanto parlano fuori dal nostro campo visivo e molto velocemente, sottovoce o troppo forte e non sempre si afferra tutto il concetto.
Sicuramente neanche i nostri compagni sentiranno tutto, ma qualcosa la percepiranno, il sordo ed il sordastro poco o nulla. Una battuta dal compagno seduto alle spalle fa ridere tutti meno noi…o magari ridiamo senza conoscere il motivo per non sentirci stupidi perché non abbiamo sentito, perché nessuno ci ripete nulla…
Altro esempio: un ausiliario che entra in classe per fornire delle informazioni, tutta la classe esulta o si rattrista, tranne il sordo. Egli non percepisce la notizia in tempo reale. Solo dopo che la classe ha già esultato, il sordo, forse, apprenderà la notizia e dopo che tutti hanno già hanno gioito, non ri-gioiranno una seconda volta per condividere la notizia assieme al sordo.
Spesso i professionisti si rifuggono dietro il detto che il sordo deve cavarsela da solo. Il sordo deve sì affrontare la vita da solo, ma le situazioni relazionali sono le più complicate in quanto non dipendono dalla singola persona, ma da due persone, minimo, e ci si dimentica spesso del compagno che non sente o sente un pochino (duri di orecchio).
La presenza dell’assistente alla comunicazione permetterà al discente di avere acceso a tutte le relazioni scolastiche, a tutte le informazioni didattiche e sociali. Una battuta, le interrogazioni, i rimproveri, le curiosità, gli avvenimenti tra i compagni perché eliminarli, vietarli? Perché non tradurli???
Il bambino sordo ha bisogno di trovare delle mani o una bocca sicura in cui trovare la risposta, in cui sentirsi partecipe in tempo reale di ciò che accade intorno a lui.
Con la presenza dell’assistente alla comunicazione noi costruiamo una scuola funzionale.
La presenza dell’assistente alla comunicazione non ci permettere di compiere una buona azione ma di compiere come scrive il pedagogista Andrea Canevaro delle BUONE PRASSI: una buona azione è quella che permette ad un individuo di superare delle difficoltà dovute ad un deficit, grazie al buon aiuto, alla buona disponibilità delle persone che incontra, che ha la possibilità di avvicinare;
diventa “buona prassi” quando questa azione individuale produce la riorganizzazione di un percorso istituzionale che tiene conto di tutti, quindi con una valenza politica che non si può nascondere o dimenticare.
Con la logica delle buone prassi, noi insieme a voi genitori, insegnanti aiuteremmo il bambino sordo ad essere protagonista della sua vita, lo sosteremmo nelle sue difficoltà, gli insegneremo ad essere uomo, autonomo ed autosufficiente, ad affrontare le difficoltà e le gioie della vita.
Con i sordi tutto è possibile, gli si può insegnare tutto, ricordatevi anche che oltre a concentrarsi a parlare, studiare e lavorare, il sordo deve giocare come tutti i bambini. Amatelo per quello che è, sostenetelo per quello che è, non vergognatevi di lui, delle sue pronunce ed egli sarà un grande!!!