SORDITA’, ISTRUZIONE, INTEGRAZIONE
di Giovanna Chilà
Il ruolo dell’assistente alla comunicazione.
Il trinomio Sordità-Istruzione- Integrazione rappresenta un importante tassello nella storia dell’educazione dei sordi. In passato, le scuole speciali e la diffusione della lingua dei segni hanno dato inizio agli interventi sull’istruzione dei soggetti sordi, e successivamente a stimolarel’interesse nei confronti dell’integrazione di questi all’interno del contesto scolastico.
Oggi il quadro si presenta un po’ complesso: l’attuale metodo di inserimento degli studenti sordi nelle classi comuni, concretizzato dopo la legge517/77, non ha contribuito a realizzare un sistema di istruzione che offra sufficienti possibilità di integrazione.
La didattica speciale del bambino sordo necessita sia di essere rivisitata nell’accessibilità dei contenuti scolastici, sia di acquisire i parametri adeguati e necessari per ridurre le difficoltà comunicative dell’alunno sordo nella scuola di tutti.
Tutto ciò è davvero possibile; di fatti le difficoltà da affrontare per chi lavora con e per i soggetti sordi, riguardano semplicemente la conoscenza dei bambini che vengono educati, dietro ai quali si celano mille storie di vita diverse.
Occorre tenere in considerazione che il percorso scolastico del bambino sordo risulta influenzato dalla storia personale dell’alunno. Le difficoltà saranno minori se vi è stata una diagnosi di sordità precoce, una protesizzazione tempestiva, una terapia logopedica valida e continuativa e la collaborazione costante ed intelligente dei genitori(1). L’efficacia delle scelte educativedei genitori nel periodo precedentequello scolastico, si manifesta proprio in questa fase, in cui è continuamente verificata la capacità di comunicazione che possiede il bambino, il cui inserimento all’interno di una classe di udenti, scelta oggi fatta dalla maggioranza dei genitori, dovrebbe basarsi su una forte flessibilità da parte degli insegnanti e degli alunni stessi, in modo tale che possa essere garantita la vera e propria integrazione.
Tuttavia, la scuola di tutti non è sempre in grado di accogliere ed intervenire sui bisogni educativi del bambino sordo: per garantire la sua integrazione scolastica, è importante organizzare un ambiente classe in cui la comunicazione avvenga in contesti stimolati ed animati, sia caratterizzata da pluralità di lingue e modalità comunicative (lingua verbale e scritta, lingua dei segni, italiano segnato esatto, dattilologia e lettura labiale) e da vari strumenti tecnologici (computer, Smart Board(2)).
Tali strumenti e modalità comunicative possono essere realmente utilizzate all’interno del contesto classe, anche grazie all’intervento dell’Assistente alla Comunicazione.
L’Assistente alla Comunicazione è una nuova figura professionale che opera in ambito scolastico accanto al bambino sordo ed ha “semplicemente“ il compito di facilitare la comunicazione nel contesto di apprendimento tra docenti (curricolari e di sostegno), compagni e alunno sordo e di rendere accessibile all’alunno i contenuti scolastici e le informazioni che lo riguardano, fungendo così da ponte comunicativo.
I riferimenti legislativi relativi all’inserimento di questo profilo professionale riguardano la legge 104 del 1992. Denominata “legge quadro”, dopo la legge 517/77, tale direttiva continua ad occuparsi dell’ integrazione scolastica dei soggetti portatori di handicap, al fine di garantire ad essi il diritto all’educazione e all’istruzione nelle scuole di ogni ordine e grado scolastico, dagli asili nido all’ università.
Con particolare riferimento all’integrazione scolastica degli alunni sordi, l’art. 13 comma 3 prevede “.. il servizio di assistenza per l’autonomia e la comunicazionepersonale degli alunni con handicap fisici o sensoriali…” affidando agli Enti Locali preposti, il compito di offrire alle famiglie e alle scuole il servizio di assistenza all’interno delle scuole che ne fanno richiesta.
L’Assistente alla Comunicazione deve possedere conoscenze specifiche per lavorare con i bambini sordi ed essere principalmente un educatore specializzato; deve dunque avere una conoscenza approfondita sia delle due lingue (verbale e dei segni) sia delle due culture (cultura sorda e cultura udente). Per il bambino sordo, esso, diviene: un modello comunicativo relazionale, un modello linguistico, un punto di riferimento emotivo e un mediatore comunicativo con i coetanei e gli adulti, un supporto all’apprendimento(3).
L’Assistente alla Comunicazione non ha alcun compito didattico (competenza esclusiva dei docenti curricolari e di sostegno), ma deve essere in grado di decodificare il messaggio all’alunno sordo utilizzando la strategia comunicativa più adatta.
Tuttavia, utilizzando strategie di comunicazione soprattutto in base alle competenze linguistiche del bambino sordo, l’assistente alla comunicazione rappresenta, a volte, non solo il primo, ma anche l’unico modello comunicativo adeguato, con cui l’alunno si relaziona di più, piuttosto che con compagni udenti e con gli insegnanti Considerando che il 95 % dei bambini sordi nasce da genitori udenti, spesso il bambino si trova isolato e diverso e senza modelli, se inserito in un contesto in cui non gli viene data la possibilità di vivere serenamente: così come ogni bambino anche il bambino sordo manifesta le sue paure, le sue ansie, che sono frutto di un vissuto tutto personale ed esclusivo.
L’inserimento dell’assistente alla comunicazione nel contesto scolastico, sembra essere, al momento, il solo passo che porta le istituzioni a credere che un bambino sordo ha delle capacità da mettere in gioco, così come un bambino udente. Inoltre, la presenza di questa figura professionale nella scuola, può contribuire alla diffusione e alla conoscenza della Lingua dei Segni, l’unica vera lingua madre per i sordi. Questa possibilità rappresenta un fecondo rinnovamento dei contenuti scolastici, che esigono di essere resi più idonei a soddisfare le esigenze di uno studente le cui capacità non sono messe in atto e valorizzate, perché limitate dal contesto in cui è inserito.
Per approfondire e avere chiaro il ruolo dell’’assistente alla comunicazione è necessario entrare in classe, affiancare uno dei tanti ragazzi sordi che frequentano la scuola e capire cosa si può fare per poter migliorare la loro vita scolastica. L’esperienza sul campo è essenziale per presentare e analizzare le difficoltà comunicative e di apprendimento di uno studente sordo.
Qui presenterò il caso di un alunno che ho personalmente affiancato, in qualità di Assistente alla Comunicazione, durante lo scorso anno scolastico (2008/2009).
L’alunno di cui parlo (che qui chiamo Andrea) ha 15 anni e frequentava la classe terza di una scuola media. La scelta della famiglia si è orientata verso l’utilizzo dell’ impianto cocleare. Seguiva una la terapia logopedica 5 giorni a settimana, ma per comunicare preferiva esprimersi attraverso la Lingua dei Segni, alla quale è stato esposto in tarda età. Andrea dimostrava un carattere piuttosto timido e riservato e un atteggiamento taciturno, anche se discretamente disponibile al dialogo. Anche se la sua produzione verbale non era molto chiara, riusciva sufficientemente a soddisfare le necessità comunicative primarie, quando si relazionava con i docenti e i compagni, i quali possedevano ben poche competenze segniche. Seguiva un programma differenziato dalla classe (P.E.I.) e il suo livello di integrazione non era ottimale, a causa della scarsa sensibilità dimostrata da gran parte della classe, escluso qualche compagno che interagiva con Andrea ben volentieri.
All’ inizio dell’ anno l’alunno presentava insufficiente autonomia scolastica: non svolgeva i compitiassegnati a casa e, spesso si presentava poco disponibile a lavorare in classe con i docenti. Tuttavia, dimostrava maggiore disponibilità nel relazionarsi con quei docenti dotati di una più elevata sensibilità comunicativa nei suoi confronti. Per questo motivo assumeva un comportamento positivo quando i contenuti didattici venivano esposti in maniera originale in base alle sue conoscenze, e ricollegati, per quanto possibile, ad argomenti che lo interessano maggiormente.
Le difficoltà maggiori si riscontravano in ambito linguistico, soprattutto nella lingua scritta, dove la lingua dei segni è stata utile al fine di arricchire il carente vocabolario lessicale italiano di Andrea. Personalmente, sono riuscita ad interagire con lui agendo per gradi. Avendo acquisito la preparazione adeguata attraverso la frequenza ad un corso di formazione di 900 ore per “Assistente alla Comunicazione“, ho cercato di svolgere il compito di “ponte comunicativo” trasmettendo in segni o con il mezzo che ritenevo più adeguato (Total Communication(4)) il contenuto dei testi o della spiegazione che la docente di sostegno aveva programmato come lezione del giorno.
Andando avanti nei giorni e conoscendo il ragazzo sempre di più ho capito che lasua formazione scolastica andava costruita progressivamente: i concetti andavano aggiunti uno per volta, pian piano, in modo tale che Andrea potesse memorizzare meglio le informazioni riguardanti i diversi contenuti, proposti in maniera visiva attraverso, ad esempio, schemi, mappe concettuali, disegni, immagini..
Andrea si dimostrava così sempre più disponibile acollaborare e ad apprendere, semplicemente perché viveva in un’atmosfera più serena, perché vicina alle sue esigenze comunicative. La comunicazione tra il ragazzo e le docenti avveniva in modo più spontaneo, in quanto chiedevano di tradurre ciò che lui stava “segnando” durante la spiegazione della lezione per avere maggiori chiarimenti sulla lezione che si stava svolgendo. Tutto ciò risultava più accentuato osservando l’atteggiamento diAndrea fuori dalla classe; in particolare, durante una delle visite extra-scolastiche organizzate dalla scuola che aveva come tematica il “terremoto”, Andrea ha dimostrato, con grande sorpresa da parte di tutti, di essere molto curioso, chiedendo spiegazioni sugli strumenti illustrati dalla giuda che ci accompagnava durante la mostra.
Alla fine dell’ anno le docenti hanno richiesto la mia collaborazione durante gli esami di terza media, per avere una maggiore supporto comunicativo. Il mio compito è stato quello di intervenire durante i compiti scritti, e di tradurre, durante l’esame orale, le domande in segni fatte dalle docenti e dal presidente, e le risposte del ragazzo mediante la messa in voce.
L’obiettivo di ogni assistente alla comunicazione deve essere quello di ridurre il limite di comunicazione che non permette allo studente sordo di sentirsi parte integrante della vita di classe.Il rischio maggiore è quello di diventare, agli occhi del ragazzo, un docente vero e proprio; ma, in realtà la prima cosa da tenere in mente è il rispetto dei ruoli all’interno di una famiglia così grande quale la scuola, e la sinergia tra docenti e collaboratori, necessaria per garantire un’armonia tra le varie parti.
Ci sono, oggi concrete possibilità di realizzare la vera integrazione degli studenti sordi nelle scuole comuni, ma per poter concretizzare tale obiettivo è fondamentale che le metodologie didattiche siano sottoposte a revisioni e trasformazioni, adattate alle esigenze comunicative degli alunni sordi, nei confronti dei quali devono essere messe a disposizione tutte le soluzioni possibili per apprendere in maniera naturale, partendo dall’utilizzo della Lingua dei Segni.
BIBLIOGRAFIA:
1. ROSANNA BOSI, SIMONETTA MARAGNA, ROBERTA TOMASSINI, L’assistente alla comunicazione per l’alunno sordo. Chi è, come si forma. Manuale di riferimento per operatori, le scuole e le famiglie, FRANCO ANGELI, MILANO, 2007;
2. M. CRISTINA CASELLI, SIMONETTA MARAGNA, VIRGINIA VOLTERRA, “Linguaggio e sordità. Gesti, segni e parole nello sviluppo e nell’’educazione”, IL MULINO, BOLOGNA, 2006.
—–
(1) M. Caselli, S. Maragna, V. Volterra, “Linguaggio e sordità. Gesti, segni e parole nello sviluppo e nell’’educazione”, il Mulino, Bologna, 2006,pag 235;
(2) La Smart Board è una lavagna digitale. Utilizzata come strumento educativo didattico. Consente più di altre tecnologie il coinvolgimento e l’attenzione della classe migliorando l’apprendimento e arricchendo le lezioni da un punto di vista multimediale. È utile sia ai docenti, in quanto organizzano meglio le lezioni rivolte indifferentemente agli alunni udenti e sordi, sia agli studenti, che sviluppano curiosità e interesse alla lezione.
(3) R. Bosi, S. Maragna, R. Tomassini, “L’assistente alla comunicazione per l’alunno sordo”, Franco Angeli, Milano, 2007, pag 45-46;
(4) La Total Communication è un approccio filosofico che riconosce la possibilità di usare le modalità linguistiche ritenute più appropriate nelle diverse situazioni, al fine di agevolare la persona sorda nei processi di apprendimento.